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Rituali funebri



Quando una persona sta per morire dimostra una calma esteriore e una rassegnazione che rasenta il fatalismo. La gente del villaggio si raduna e si siede intorno alla capanna dove il moribondo è assistito dai suoi parenti senza dire una parola, ma con un sentimento di compassione che si può toccare con mano.Il malato sa che vicino a lui ci sono delle persone, per i mormorii sommessi, per i colpi di tosse e ne trae coonforto e coraggio. Intanto all'interno della capanna, se fa caldo sulla veranda,la madre o la sorella maggiore si inginocchia dietro il malato e gli fa appoggiare il capo sul suo grembo. Il messaggio è evidente: dal grembo di una donna sei nato,e ora la tua esistenza cessa sempre sul grembo di una donna. Presso gli Achewa invece un uomo muore sulle ginocchia di suo fratello, e una donna su quelle della sorella, solo il bambino su quelle della madre.


Appena il malato muore le donne della casa cominciano i lamenti funebri, escono nel cortile, si scoprono i seni, incrociano le mani sulla nuca e gridano il loro dolore: in modo che al villaggio tutti sappiano che una persona è defunta.Al capo villaggio e a tutti i parenti vengono inviati messaggi. Anticamente. Il colore nero è segno di morte, il colore del lutto invece è il bianco: i dolenti infatti si legano intorno al capo strisce di stoffa bianca. Da quel momento fino alla sepoltura c'è lutto al villaggio, nessuno deve mangiare carne o divertirsi con la propria moglie o fare la birra e metterla in vendita...


La stessa ricerca del colpevole nei confronti della malattia continua anche davanti ad un morto, specie se la sua fine è stata strana o improvvisa. C'è sicuramente una persona del clan che ha sbagliato ed è responsabile di questa morte. Nel passato si andava dall'indovino perché determinasse il colpevole, ma anche oggi i sospetti sono lanciati contro l'uno o l'altro nel villaggio generando inimicizie a non finire e causando spesso che famiglie intere emigrino altrove.

Il fatto che tutto il villaggio si stringa intorno ai parenti del morto è segno di solidarietà e di spirito di gruppo, ma è anche obbligatorio farlo perchè chi si astiene dal dimostrare dolore viene accusato di essere colpervole di quella morte.


Immediatamente dopo la morte la capanna si svuota, se il defunto è un uomo rimangono solo gli uomini e viceversa. Si scava un buco nel pavimento dove si incanalerà l'acqua servita per lavare il cadavere. Gli Ayao, seguendo il rito musulmano, oltre che lavare il morto lo strizzano per fargli uscire dagli intestini ogni impurità. Poi lo coprono con il lenzuolo funebre, lasciandolo nudo per gli Ayao oppure rivestito dei suoi abiti migliori per gli altri. Dopo che la terra ha assorbito l'acqua dell'abluzione, si spiana il pavimento, si adagia il morto, supino, su una stuoia e lo si mette in posizione che il suo capo sia il più vicino possibile alla porta. Anticamente per i capi Angoni si usava metterli seduti come su un trono, avvolti in una pelle fresca di animale, e poi così venivano seppelolti in una larga fossa in compagnia dei loro schiavi sepolti vivi. Anche presso gli Achewa e gli Ayao seppellire vivi mogli e schiavi insieme ai grandi capi era un segno di onore.

Nella vita del villaggio il funerale è un grande evento e nessuno può mancare. Anche perché chi manca verrebbe subito indicato come colpervole della morte. Naturalmente i parenti del morto che possono mettere a disposizione cibo in abbondanza, a funerale avvenuto, attirano molta gente.


Mentre si prepara il cadavere, il gruppo di becchini scava la fossa, che dev'essere profonda almeno due metri e con un loculo scavato all'interno di una parete, a livello del pavimento. Prima di sera deve essere richiusa con il defunto al suo interno. Non si può scavare una fossa e aspettare l'indomani per seppellirvi il cadavere: nella notte ne morrebbe un altro al villaggio.

Quando il messaggio che la fossa è pronta, arriva alla capanna del morto, questo viene avvolto in una stuoia oppure messo in una cassa più o meno improvvisata e portato su una specie di portantina al cimitero, che è sempre un luogo appartato nascosto nella macchia. Al cimitero ci si va solo in gruppo, per un funerale e poi basta, anzi nei momenti ordinari si farà anche un grande giro per non passargli vicino: sono solo gli mfiti o i membri degli Nyau che lo frequentano, e lo fanno pure loro solo di notte.

Spesso fuori della capanna si stendono a carponi i parenti più stretti del defunto e la portantina viene fatta passare sopra di loro. La processione che accompagna alla tomba il morto è molto veloce. Anticamente era preceduta dal capofamiglia con un cesto di farina che, dopo aver asperso la bara, segnava la strada verso il cimitero assicurando così lo spirito del defunto che non gli era stato mai negato il cibo. Nel funerale degli Achewa è a questo punto che intervengono le maschere che, danzando intorno al feretro, lo accompagnano alla sepoltura. Alle donne non è permesso entrare nel cimitero, assistono da lontano all'interramento. Dopo che il cadavere è stato messo nel loculo mettendogli a lato un po' di cibo e i suoi arnesi di lavoro, l'arco e la lancia spezzata se era un guerriero, questo viene murato con il fango e poi, dopo che i parenti più stretti comprese le donne hanno gettato una manciata di terra nella fossa, tutti i presenti aiutano a riempirla velocemente con la terra ammucchiata ai suoi lati.


Poi si ritorna al villaggio per la purificazione rituale: ci si lava e si beve la "medicina" preparata dal sing'anga, e infine si partecipa al pranzo funebre. La sera stessa o l'indomani, ai parenti del morto, specie alle donne, vengono tagliati i capelli a zero in segno di lutto e la capanna del defunto viene demolita. Per i sopravvissuti, moglie o figli, se ne costruirà velocemente un'altra. Sempre all'alba dell'indomani ci si recherà in gruppo alla tomba fresca per vedere se tutto è a posto.

Dopo un mese o due si procede alla solenne cerimonia della commemorazione, con il secondo taglio dei capelli e con la presenza di tutti i parenti. Si fa la birra e prima che questa cominci a fermentare il capo della famiglia ne prende un po' e la offre allo spirito del morto versandola per terra nella capanna degli spiriti o ai piedi dell'albero sacro mormorando preghiere.

Anticamente la vedova passava in eredità al fratello del morto. Essendoci la poligamia non c'era problema di una moglie in più. Oggi invece può risposarsi con chi vuole, dopo un periodo di lutto che va da qualche mese ad un anno.

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